Cade il segreto di Stato sulle importazioni di cibi stranieri

  • 9 Marzo 2019

Abbattuto unmoloch” sulla strada della trasparenza perfetta dell’agroalimentare made in Italy. Una pronuncia del Collegio del Consiglio di Stato ha riconosciuto il diritto della Coldiretti ad accedere ai dati del ministero della Salute relativi alle importazioni di latte, formaggi e tutti i derivati dirette alle singole aziende. La Coldiretti combatte da anni la battaglia per la sicurezza alimentare in nome del diritto del consumatore a essere informato correttamente sui cibi che porta in tavola. Un obiettivo che si affianca alla difesa dei redditi dei produttori di cibo penalizzati dall’import selvaggio di materia prima che una volta lavorata in Italia si fregia poi dei colori nazionali. Più volte la richiesta della Coldiretti era stata rispedita al mittente dall’amministrazione. E contro tale richiesta si era pronunciato anche il TAR. Ora però il Consiglio di Stato, riconoscendo il diritto a ottenere tutte le informazioni sui flussi commerciali, ha infranto un tabù e dunque da questo momento sarà più facile cancellare “il segreto di Stato” su tutti i prodotti agricoli. La bocciatura della domanda di accesso ai dati era stata motivata dall’esistenza dell’obbligo di indicazione dell’origine della materia prima su latte e derivati considerata già sufficiente a garantire il consumatore. La trasparenza sugli acquisti esteri rappresenta invece, secondo la nuova interpretazione, un elemento di ulteriore garanzia dell’etichetta super trasparente.

Il Consiglio di Stato ha riconosciuto infatti la congruità della richiesta della Coldiretti volta a verificare, ad esempio, “la corrispondenza e non contraddittorietà fra le importazioni di latte e di prodotti a base di latte da parte dei singoli operatori nazionali, da un lato, e le indicazioni fornite al consumatore in etichetta a termini di legge circa l’origine delle materie prime utilizzate dall’altro”.  Finalità che rientrano tra quelle previste dalla nuova normativa sull’accesso civico. Il Consiglio di Stato rileva che il diritto d’accesso spetta a chiunque e dunque a maggior ragione nel caso posto dalla Coldiretti che riguarda un mercato, quello lattiero-caseario, in cui rappresenta la maggioranza degli operatori economici che tutela e per i quali opera per favorirne lo sviluppo. E dunque la completa informazione dei consumatori, oltre a garantire il diritto sancito dal Codice del consumo, secondo quanto sottolinea il Consiglio di Stato, “può favorire un corretto e regolato confronto concorrenziale, nonché un aumento dei consumi interni ed un ulteriore sviluppo di quel mercato. Ciò è vero e dirimente anche laddove dovesse tradursi in un danno per alcuni dei singoli operatori associati, posto che l’eventuale pregiudizio dei singoli non può andare a detrimento delle finalità associative statutariamente condivise”. Insomma vengono sposate in pieno le tesi della Coldiretti secondo cui la trasparenza e credibilità nei confronti dei consumatori sulla provenienza delle materie prime in un’economia globalizzata può favorire lo sviluppo del mercato interno.

D’altra parte viene riconosciuta l’impossibilità, per ricostruire la filiera delle importazioni di ogni singolo produttore nazionale e verificare così la rispondenza tra etichetta dei prodotti e reali importazioni dei singoli produttori, di limitarsi alla raccolta dei dati dai propri iscritti o di ricavarli dal report periodico.     Non ci sono neppure le condizioni per un abuso di diritto d’informazione in quanto la nuova norma sull’accesso riconosce i fondamentali diritti dei consumatori alla tutela della salute; alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi; ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all’educazione al consumo; alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali; alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti; all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.”. Con l’etichetta trasparente e le informazioni sui flussi commerciali si opera “un controllo diffuso sull’attività amministrativa” perseguita dalla nuova legge sull’accesso civico.

Il Consiglio di Stato smonta anche la teoria secondo la quale l’accesso potrebbe compromettere i diritti degli operatori economici importatori. L’Amministrazione non può trincerarsi dietro un rischio generico e astratto, ma deve motivare, in modo puntuale, la effettiva sussistenza di un reale e concreto rischio degli interessi degli operatori che importano la materia prima.      Si tratta dunque di una presa di posizione particolarmente rilevante che sostiene, anche sul piano giuridico, una politica innovativa nell’agroalimentare centrata sulla qualità, la distintività, la sicurezza e la difesa dei redditi dei produttori di cibo.

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