Il Mipaaf ha presieduto ieri una riunione che aveva per tema l’interesse della politica italiana a rinnovare gli accordi in essere, va detto mai attivati, tra l’Italia e la Libia per lo sviluppo dell’economia ittica libica. L’esito della riunione aveva come scopo quelle di arricchire di conoscenze il dossier del Ministero degli Esteri per la prossima riunione bilaterale tra i due Paesi mediterranei, incontro che si avvierà il 05 novembre 2020. Gli interventi che si sono succeduti ed in particolare quello di Coldiretti hanno evidenziato che gli accordi in essere possono essere considerati poco più di un inutile produzione di carta, in quanto mai avviati ed attuati. Accordi quelli del 2009 e del 2011 che oggi non sono neppure più in linea con la politica dell’UE e del CGPM sul Mediterraneo in quanto destinate ad aumentare lo sforzo di pesca in un bacino che vede di anno in anno il varo di politiche di restringimento dello sforzo di pesca. Nel confronto odierno è stata evidenziata la mancanza di un ruolo attivo su questi temi della Commissione dell’Unione europea tanto che tale inerzia ha da tempo aumentano le tensioni socio-politiche in un contesto frontaliero già fragilissimo per la guerra civile in atto e per i canali di migrazione costantemente fluidi. Coldiretti ha evidenziato che gli accordi che sono stati sottoposti all’attenzione degli attori della pesca italiana avevano a suo tempo un unico interlocutore sebbene poco affidabile, ma pur sempre un unico interlocutore, oggi ci troviamo di fronte due soggetti (il governo della tripolitania ed il governo della cirenaica), che hanno atteggiamenti diversi verso il nostro Paese per la posizione assunta del Governo italiano, motivata da ragioni che annoverano interessi ben più ampi di quelli della pesca. L’intervento di Coldiretti ha messo poi a fuoco due punti imprescindibili prodromici a qualsiasi accordo di sviluppo economico. Il primo che ha per oggetto la liberazione delle due imbarcazioni sottoposte a sequestro e la liberazione dei 18 lavorati oggi rilegati nelle prigioni libiche, senza questo atteggiamento distensivo – afferma Coldiretti – non è pensabile sedersi ad un tavolo. Il secondo punto è il raggiungimento di un accordo sulla giurisdizione internazionale degli specchi di mare tra Italia e Libia in particolare per porre fine alla attuale soluzione voluta da un prepotente atteggiamento della politica del presidente Gheddafi che con il pretesto della Zone Economiche Esclusive si era di fatto appropriato di quasi il 50% delle acque internazionali presenti tra i due Paesi. La debolezza della politica estera nazionale negli ultimi 30 anni come anche quella Comunitaria hanno creato una situazione di instabilità (vedi le ZEE attuate dalla Libia, quelle pretese da Algeria e Turchia) ed hanno mandato i nostri pescatori allo sbaraglio, mettendo in crisi le più grandi flotte nazionali che in quelle acque hanno sempre operato. Coldiretti chiede alla Governo italiano che le nostra barche ed in nostri pescatori tornino subito liberi, non si può finire in prigione per lavoro.
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