PESCARA

Pescara

Storia, cultura, tradizioni e personaggi  di un borgo che resiste ancora nel tempo. Questa è la zona di Borgo Marino un capitolo importante della storia di Pescara, della città e della sua Provincia. É situata nei pressi del porto canale, esattamente a nord del fiume Pescara. In questo borgo della città dimenticata, dove oggi tutto è cambiato, vive il popolo della marineria pescarese. I pescatori sono molto devoti al loro santo patrono, Sant’Andrea, tanto da dedicargli a fine luglio la classica festa che si tiene ogni anno, con la tradizionale e suggestiva processione in mare.

In questo borgo le persone non si chiamavano per nome, ma avevano tutti un nomignolo. Molti di loro non ci sono più, e tra i tanti personaggi che hanno caratterizzato la marineria pescarese citiamo: “Batte e ssorge”, “zumpazumpe”, “cotalonghe”, “coccialonghe”. La storia del borgo ci narra che i primi insediamenti di pescatori risalgono  a metà ottocento quando alcuni di essi vennero da Silvi e San Benedetto del Tronto. Subito dopo la seconda Guerra mondiale, i pescatori rimasti orfani delle loro abitazioni vennero sistemati in un piccolo villaggio che aveva l’aspetto di un accampamento militare denominato “casermette”. Sulla fine degli anni 50’ le Casermette hanno dato vita alle case popolari dei pescatori, che, nel momento delle assegnazioni, furono oggetto di tensioni e discussioni tra le famiglie della borgata.

I marinai che hanno animato il borgo, vivevano una propria cultura intrisa di norme, di valori umani e morali che erano legati al lavoro quotidiano e, similmente ai contesti di tradizione contadina e che riservava un ruolo importante a quella religiosità devozionale, centrata sulle figure dei Santi e di Dio.

La storia di Borgo Marino, ci insegna che a quei tempi molto importanti erano le diverse figure che erano rappresentate dai marinai  qualificati  in un determinato mestiere: c’era la figura degli “armacchiatori” o “ retieri” coloro che erano capaci di effettuare le riparazioni alle reti danneggiate; in questo campo spiccava la figura di Silvio Mazza, figlio di Romeo detto “caratille”. Uno specialista nelle riparazioni dei motori delle barche era un certo Pasquale Fanesi detto (Pasqualucce lu muntatore) che insieme a Tonino di Vavacce aprì la prima officina per la riparazione dei motori per le barche.

Con il passar del tempo l’aspetto del Borgo subito dopo la seconda guerra mondiale, inziò a mutare la sua  immagine, infatti iniziarono a sorgere le prime cantine. La prima fu quella di “Zi Sabbijucce”, situata all’incrocio con la Via Manzoni e frequentata prevalentemente da persone dedite ai lavori cosiddetti “di terra”. Proseguendo verso il fiume ci si imbatteva nella cantina di Ascanio Pattara detto “lu murrese”, più avanti c’era la cantina di Giuseppe Di Camillo “ lu urtinese”, produttore del vino che commerciava.

Oltre alle cantine ci fu la nascita di due forni: quello di Carmine di Carlo (Minuccio di Ciaccione”) e quello di Guido Ventura, figlio di Giacinta venditrice di fave, ceci ed altri legumi arrostiti. Nel borgo trovò spazio anche chi vendeva il carbone come Francische lu carvunare, che  era l’unico a non avere mai momenti di crisi nel suo commercio poiché tutte le famiglie a quei tempi cucinavano con la “fornacella”.

Tra i personaggi storici della marineria pescarese c’è da ricordare Vittorio Pomante detto  l’Eschimese, nella sua zona era molto conosciuto per le sue mille avventure in mare che aveva vissuto quando era giovane.

 “Vittorio nacque nel 1924 e cominciò a lavorare sin da piccolo come pescatore con la sciabica (rete a forma di un gigantesco ferro di cavallo) e la pitarola (una particolare pesca praticata in acque basse).  Ai tempi di Vittorio andare in mare comportava molti sacrifici perché non esisteva le moderne attrezzature di oggi; per andare a pesca si usavano le paranze a vela, quelle vele colorate a tinte vivaci e con disegni particolari sufficienti per riconoscerle da lontano.” Un ruolo importante nella vita dei marinai, lo avevano anche le mogli: “ La sera al rientro delle barche, con i canestri di vimini sotto il braccio, andavano al porto per prendere la scafetta, per poi venderla lungo la banchina in modo da aiutare la famiglia ad andare avanti”.  La sua grande passione per il mare lo portò perfino a compiere delle avventure fuori dall’Adriatico.  Subito dopo la guerra Vittorio, fu costretto ad emigrare fino ad arrivare nei mari del nord della Groenlandia, per cercare di combattere il nemico di sempre, la fame. Nonostante la lontananza della sua terra natià, la sua voglia di conoscere, esplorare nuovi posti non si placa; tanto da spingersi con una piccola imbarcazione nelle coste africane, fino ad arrivare addirittura alla Sierra Leone e al Senegal”.

Il tempo quotidiano del marinaio era totalmente impiegato nell’attività  lavorativa che comprendeva la pesca vera e propria e le attività collaterali, per esempio la riparazione delle reti. I mesi erano tutti uguali per il marinaio che aveva una famiglia da mantenere; non esistevano riposi settimanali (si andava a pesca anche la domenica). Molte barche, soprattutto le grandi restavano fuori anche per una settimana. Questo vecchio “lupo di mare” era anche un poeta infatti, Vittorio l’Eschimese scrisse un libro, “ Il richiamo del mare e le sue poesie”, nel quale Pomante racchiuse tutta la sua storia e del suo amore verso il mare. Il lavoro del marinaio è molto duro, solo chi ama il mare può svolgere questo mestiere, per Vittorio il mare era tutto e lo si capisce da alcuni versi di una sua poesia che recita così: “ Nelle nostre vene scorre l’acqua salata del mare, se potessi tornare indietro nel tempo rifarei tutto ciò che ho fatto”.

Oltre a Vittorio l’Eschimese, ci furono altri personaggi che hanno animato il borgo tipo: “Battillone” (Silvio Maione) marinaio, pensionato che insieme a suo fratello Antonio detto ( papillijone) è stato uno dei protagonisti della cuccagna sul fiume che vedeva competere fra loro giovani marinai, nel lunedì di festa di S. Andrea. Un’altra figura da ricordare sempre della borgata era Cenzine (Vincenzo Palestini), uno dei tanti organizzatori della festa di Sant’Andrea, era noto anche come formidabile mangiatore di spaghetti.

Anche le donne hanno rivestito un ruolo importante e tra queste spicca la “Caribbalde” (Francesca Maione) era una delle tante donne della marina che ha coltivato il senso della tradizione familiare. Ebbe la fortuna di conoscere Sabatino Di Properzio, imprenditore e a quei tempi presidente della squadra di calcio del Pescara. Divenne la prima tifosa femminile della squadra di calcio. Il glorioso Rampigna l’ha vista protagonista assoluta in tale ruolo. La sua presenza sugli spalti, prima dell’inizio della partita si notava subito perché era l’unica persona ad urlare l’incitamento alla squadra e a lanciare lazzi e contumelie alla squadra avversaria.

Queste sono storie che rendono note le tradizioni  tramandate di generazioni in generazioni dai pescatori per i quali  il mare è stato e continua ad essere da sempre l’unica ragione di vita e che hanno sempre vissuto nella loro borgata appunto: “la Marina”.

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