CAORLE

caorle porto

L’attivita di pesca a Caorle ha origini lontane e la cittadina mantiene, anche per la presenza del porto peschereccio, un tipico aspetto marinaro.

Fu il doge Francesco Foscari nel lontano 1439 a conferire i diritti di pesca esclusivi alla citta di Caorle nelle acque, porti, paludi e canali situati tra i fiumi Livenza e Tagliamento. Ma già nel XVII secolo questo privilegio fu molto limitato, visto che le lagune vennero confiscate e vasti terreni e valli vennero privatizzati, con conseguenze deprimenti per la popolazione caorlotta. Con la caduta della Serenissima, avvenuta prima con l’occupazione da parte dell’esercito francese e successivamente con l’annessione del Veneto all’Austria, i diritti di pesca fino allora acquisiti dalla comunita di Caorle furono stravolti e tutto cio fu causa di scontri con i pescatori dei paesi vicini. Successivamente, solo nel 1858 i pescatori di Caorle, nell’intento di salvaguardare i diritti di pesca in laguna e sui canali, diedero vita al Consorzio Peschereccio che divenne proprietario di valli da pesca e dell’area della Sedicesima Presa. Questo consorzio, del quale facevano parte le varie Compagnie di pescatori, fu il primo del genere in Italia ed aveva lo scopo di salvaguardare i diritti di pesca degli operatori e garantire loro l’assistenza sanitaria. Fu con l’inizio delle grandi opere di bonifica delle aree lagunari, effettuate con l’intento di debellare la malaria dalla laguna e dalle valli, che l’attivita della pesca subi un radicale cambiamento con il passaggio dalla pesca in laguna a quella in alto mare. Arrivarono a Caorle i primi bragozzi, che nel 1945 sommano a 40 imbarcazioni, mentre gia nel 1958 la flotta locale poteva contare su 234 barche.

Per secoli la laguna ed il mare hanno costituito per gli abitanti di Caorle la principale fonte di sostentamento, dove si tramandava di generazione in generazione l’arte della pesca, il saper riconoscere i venti e prevedere il mutare del tempo. Le tradizioni legate alla pesca hanno contribuito a costituire il patrimonio culturale di Caorle, anche con la nascita di canti, racconti, piatti tipici, ecc. Un esempio di ciò sono gli “squeranioli” (da squero, piccolo cantiere navale), ossia i costruttori di barche, che per secoli si sono tramandati l’arte e la tecnica nel costruirle, tra le altre la tipica “caorlina”, una barca utilizzata per il trasporto di carichi ma anche per la pesca a remi o a vela, come pure le Portolate, oltre a i Topi, le tipiche imbarcazioni a vela che permettevano di pescare non troppo lontano dalla costa e ai Sandali, le barche a fondo piatto utilizzate in laguna e nei canali. Con l’avvento del motore a scoppio le imbarcazioni poterono raggiungere il mare aperto in Adriatico e far ritorno giornalmente in rada, a differenza di quanto avveniva con le barche a remi o a vele, in cui si restava fuori diversi giorni.

Oltre a valli e laguna, a caratterizzare l’ambiente marino di Caorle concorrono anche le tipiche formazioni rocciose di fondale chiamate “tegnue”, cosi denominate perche nel corso dei tempi parecchie reti ed ancore vi rimanevano impigliate (trattenute, tenute), costituendo cosi un microhabitat ideale per molte specie marine. Il substrato roccioso della “tegnua” favorisce lo sviluppo di una fauna bentonica molto variegata, con presenza di crostacei come astici e granceole, integrata da una diversificata ittio-fauna (gronghi, scorfani, perchie, castagnole, ghiozzi e bavose, oltre alle seppie). Nel 2004 il Gruppo sommozzatori di Caorle, coadiuvato dal Comune, ha ottenuto dalla Giunta Regionale del Veneto (D.M. 16/12/2004) l’istituzione di una Z.T.B. (Zona di Tutela Biologica), per l’area delle “Tegnue di Porto Falconera”, che costituisce una delle “tegnue” piu estese dell’alto Adriatico. Questa “tegnua” è situata al largo del litorale di Vallevecchia, a circa 1,5 miglia dal Porto di Falconera e viene adeguatamente segnalata con boe, entro il cui perimetro, come confermato dal D.M. 21/12/2007, e vietata qualsiasi forma di pesca professionale o sportiva oltre all’ancoraggio ed alla balneazione. Le immersioni sono autorizzate esclusivamente alla presenza di personale dell’Ente Gestore.

Caratteristica distintiva del territorio caorlino sono i tipici casoni, le case dei pescatori della laguna di Caorle, amate anche da Ernest Hemingway (citate nel romanzo “Di la dal fiume e tra gli alberi”). Sono esempi di architettura ancestrale, dal semplice design, rustico ma funzionale, realizzati con materiali presi dall’ambiente circostante. Sin dall’eta neolitica, i casoni erano adibiti ad abitazione permanente di famiglie dedite all’attivita di pesca.

Nel corso dei secoli i casoni non hanno avuto un proprietario certo, non essendoci un catasto e atti notarili a certificarne la proprieta, per cui ogni pescatore si sentiva padrone del proprio casone. Con le opere di bonifica numerosi casoni vennero sacrificati e si salvarono solo quelli lungo le rive del fiume Lemene ed alcuni a ridosso di canali e isolotti. Poi, con l’avvento del motore a scoppio, i pescatori di Caorle cominciarono ad abbandonare la laguna per spingersi in pieno mare Adriatico e contestualmente i casoni persero di essenzialità per la pesca, trasformandosi in ritrovi per la famiglia, amici e anche per turisti. Cio ha comportato successivamente la necessita di costruire servizi igienici, barbecue e dei piccoli pontili con annesse cavane per poterli raggiungere via laguna. Tutto cio, con l’andare del tempo, ha snaturato la nativa funzione dei casoni, con inevitabili conseguenze sul naturale ciclo di vita di tali costruzioni e sul circostante paesaggio.

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La marineria di Caorle ha senza alcun dubbio radici storiche. In un primo momento la pesca locale era esclusivamente di tipo lagunare ed operata con l’ausilio di idonee imbarcazioni. Solo in seguito la pesca, con l’avvento del motore a scoppio, si è spostata in pieno Mare Adriatico, adeguando man mano la propria flotta marittima. Il numero di barche della flotta di Caorle, seguendo il trend negativo comune all’intera area nord adriatica, è sceso rapidamente fino al 2005 per poi stabilizzarsi negli ultimi anni.

Nel 2000, secondo i dati Fleet Register, si partiva da una presenza massima di 243 barche, che man mano è scesa sino alle attuali 158 unità. Nel 2014 il calo annuo è stato pari al ‐4,2%, (7 imbarcazioni in meno), però se il confronto viene fatto con il dato della flotta attiva nel 2000 la diminuzione può considerarsi significativa (‐35,0%).

Passando ai parametri strutturali delle imbarcazioni, la stazza totale della flotta caorlotta, definita dal Gross Tonnage (GT), si mostra in aumento fino al 2002, per poi scendere di pari passo con la diminuzione del numero di barche. Rispetto al picco del 2002 (1.633 GT), con le attuali 1.157 GT la perdita registrata in tale periodo è stata del ‐29,1%. C’è da notare che solo nell’ultimo anno il calo della stazza complessiva della flotta caorlotta è stata pari al 10%.

Altro parametro distintivo importante è la Potenza Motore delle barche, che viene espressa in Kilowatt (kW). Nel 2014, con le 11.275 kW rilevate, si registra una perdita di potenza che va di pari passo con quello già visto per la stazza (‐10,1%). Nel 2000 si partiva da 15.660 kW che, se confrontate con l’ultimo dato, evidenziano un calo nel periodo del 28%.

Nella flotta caorlotta in termini di unità, con 57 imbarcazioni presenti, il sistema di pesca più rappresentato è quello che utilizza reti da posta. La lunghezza complessiva della flotta è di 1.531 metri, con un calo annuo della stessa del ‐6,5%. Le barche mediamente più lunghe sono quelle che utilizzano le reti da strascico (13,8 m), seguite a breve distanza dalle draghe idrauliche (13,2 m). Le imbarcazioni che presentano la GT totale maggiore sono quelle con le reti da strascico (610 GT), lo stesso vale anche per la GT media (17,9 GT) per singola barca. Anche in termini di Potenza Motore il sistema di pesca più rappresentato è lo strascico, sia in termini di potenza totale (5.375 kW) che di quella media per singola barca (158,1 kW). Le barche che presentano un’età media più elevata sono sempre quelle che utilizzano le reti da strascico (32,7 anni), seguite da quelle che operano con le reti da circuizione (31,9 anni), mentre quelle più giovani (26,3 anni) sono quelle che utilizzano i palangari fissi. La vetustà delle imbarcazioni presenti nella flotta caorlotta è in linea con la media della flotta nord adriatica.

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