GIULIANOVA

L’intenso e più che millenario rapporto tra Giulianova e il mare prende avvio con il porto-canale di Castrum Novum Piceni, realizzato, dopo la fondazione della città romana, su un ampio seno alle foci del fiume Tordino. Sicuramente attivo al momento della seconda guerra Punica, considerando che lo storico Livio ricorda Castrum Novum Piceni fra le colonie marittime costrette dal Senato a fornire navi per la flotta, il porto, dotato di munitissimi moli e forse protetto a sud da una rocca, o “civitella”, elevata sulla pertica coloniale castrense, oltre che base militare fu anche attivo scalo mercantile. La vivacità dei traffici tanto con l’opposta sponda dell’Adriatico come con il resto della penisola, basati prevalentemente sulla esportazione ed importazione di vino, cereali e prodotti in serie, è d’altronde testimoniata dal cospicuo numero di anfore fittili rinvenute al largo di Giulianova e risalenti al periodo, fra tarda età repubblicana e prima età imperiale, coincidente con la notevole estensione assunta dalla città.

Giulianova

Alcuni documenti dei secoli IX-XII segnalano una sostanziale continuità nell’utilizzo delle strutture d’approdo. Fiorente nel XIII secolo, il porto di Castel San Flaviano, denominazione assunta dalla città medievale, fino almeno al 1382, anno in cui diviene parte integrante dei feudi degli Acquaviva, risulta ancora uno dei principali d’Abruzzo, per poi patire un periodo di sostanziale decadenza che tuttavia non avrebbe compromesso del tutto la funzionalità degli impianti. Utilizzato infatti per lo sbarco delle artiglierie da Giacomo Piccinino nel 1460, in occasione della celebre battaglia di San Flaviano, il porto, ormai seminterrato, recupera l’originaria importanza grazie alla edificazione, a partire dal 1470, dell’attuale Giulianova, centro principale dei vasti possedimenti del fondatore Giuliantonio Acquaviva e, insieme, baluardo di difesa e punto di attacco con pieno controllo delle vie di comunicazione sia terrestri che marittime. Dotato di vasti magazzini per il grano, di cui gli Acquaviva erano i massimi esportatori ed importatori, e dal 1472 anche di Dogana regia e quindi di fondachi per il sale, quello di Giulianova diviene, e rimarrà ancora per lungo tempo, uno dei più importanti porti abruzzesi di estrazione olearia e granaria, frequentato da mercanti bergamaschi, triestini e dalmati.

Oltre alla presenza di un notevole apparato burocratico costituito dagli uffici di Portulanato, Credençero e Guardiano, a segnalare un’attività marittima assai dinamica sono l’esistenza, nel 1576, di un cantiere veneto, e l’idea, avanzata senza successo dal marchese Alberto Acquaviva un decennio prima, di istituire a Giulianova una fiera franca di otto giorni.
Il bradisismo che nel XVI secolo sollevò il fondo del mare e rese impraticabile al naviglio la foce del fiume, ma soprattutto la forte contrazione dei traffici sull’Adriatico a causa delle incursioni turchesche e le misure repressive nei confronti del contrabbando segnarono fortemente l’attività del porto che infine, il 26 giugno 1647, venne chiuso dalla Sommaria con la proibizione di effettuare le operazioni di imbarco del grano, forse il principale tra i prodotti soggetti ad esportazione. Data da questo periodo il sostanziale abbandono dell’attività sul mare e la conversione di Giulianova ad un’economia agro-pastorale. Dopo una lunga stagnazione, la ripresa del commercio via mare ma anche l’aumento dei pescatori, dai 7 del 1814 agli 83 operanti nel 1830, spingeranno il consiglio provinciale ad avanzare, nel 1833, la prima richiesta relativa alla realizzazione a Giulianova di un “caricatoio”. A questa seguiranno, nel 1851, nel ’52 e nel 1858, altre iniziative tutte egualmente senza seguito nonostante la presenza della Dogana marittima di prima classe, del “magazzeno” dei Regi sali, della deputazione sanitaria e delle sedi dei vice–consolati d’Austria e dello stato Pontificio, istituiti proprio per la presenza della Dogana e per i vivaci traffici commerciali tra Giulianova, le Marche ed il Veneto.
La questione, dibattuta per decenni, verrà ripresa ed avviata a soluzione poco prima della Grande guerra. Risale infatti al 19 ottobre 1913, anno in cui si contano ben 380 marinai con 84 tra paranzelle o bilancelle ed imbarcazioni minori, l’avvio dei lavori per la realizzazione del pennello scogliera, antesignano dell’attuale molo sud, cui seguiranno, a partire dal 1921, quelli del pennello nord. Ulteriori opere avviate a partire dal 1927 consentiranno di dare tredici anni dopo una configurazione pressoché definitiva al porto, al quale nel 1938 si aggiungerà l’imponente struttura del Mercato del pesce all’ingrosso, destinato ad abolire i tradizionali ed ormai superati sistemi di produzione e a dare un forte sviluppo all’attività del commercio ittico. Già nel 1939 la produzione, quantificata in 13.662,79 quintali per una volume di affari di oltre tre milioni, veniva collocata sulla piazze di Roma, Napoli, Milano, Torino, Venezia ed in altri centri minori. Oggi quello di Giulianova, grazie anche alla realizzazione di moderne opere, continua ad essere uno dei più importanti porti pescherecci del medio-Adriatico con 1.600 addetti alla pesca e 400 ad attività sussidiarie, senza contare il settore commerciale e l’industria di trasformazione.

Il 60% del pescato (soprattutto naselli, triglie, polpi, palamiti e totani) è destinato al mercato, il 30% viene invece venduto direttamente dai pescatori e il rimanente avviato verso altri mercati. Due banchine, rispettivamente di 800 e 45 metri con 250 punti di attacco, sono riservate alle 137 imbarcazioni dedite alla pesca pelagica, allo strascico, alla circuizione e alla pesca delle vongole. Le turbo soffianti sono circa 50, mentre una quarantina sono le barche che praticano la piccola pesca con reti da posta, palangari e nasse. Alla radice del molo sud, inoltre, per tonificare il settore turistico è stata ultimata la costruzione dell’approdo per le imbarcazioni da diporto con oltre 300 posti barca.

 

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