TRIESTE

A Trieste è presente la marineria situata più ad oriente dell’Alto Adriatico.

Nel corso del XIX secolo e fino al secondo conflitto mondiale, la pesca nel tratto di costa del golfo di Trieste è stata interessata da un’evoluzione sorprendente. Nella prima metà dell’ottocento, durante il periodo di dominio dell’Impero Austriaco, l’interesse per la pesca era scarso. Il diritto di svolgere attività di pesca era riservato solo a poche famiglie patrizie e ricchi possidenti, i quali godevano del monopolio sull’utilizzo dei principali tratti di spiaggia. Questa situazione cominciò a cambiare dopo un periodo di proteste, le quali portarono alla liberalizzazione delle attività di pesca ed al libero accesso alle risorse necessarie per praticarla. Nonostante questi provvedimenti, lo sviluppo dell’economia legata al settore ittico si fece attendere ancora.

Nel 1850 e 1884 vennero istituiti rispettivamente il Governo Centrale Marittimo e la Commissione Centrale per la pesca, i quali svolsero un ruolo importante nell’avviare studi mirati sulla fauna marittima dell’Alto Adriatico, introducendo norme per la riproduzione dei pesci, progettando attrezzature e sistemi di pesca innovativi e coordinando le attività e gli investimenti nei vari settori connessi.

A fine ‘800 sono almeno sedici i tipi di natanti adibiti alla pesca: barche, barchini, battelle, passere, tartane e tartanelle, bragagne, bragozzi, brazzere, gaete, guzzi, lancie, leuti, portolate o portellate, sandali, topi e zoppoli. Dal 1850 al 1912 il numero di persone dedite alla pesca aumentò tanto, come anche la capacità e la quantità della flotta, assieme al prelievo delle risorse e all’efficienza del sistema produttivo. La pesca estiva della sardina, una delle più produttive dell’Alto Adriatico, trovava il suo centro operativo proprio nel golfo di Trieste, dove era rilevante anche la tradizionale pesca stagionale al tonno. La pesca ai piccoli pelagici vienetutt’ora effettuata con l’ausilio delle tipiche lampare.

 Trieste

In linea con quanto succede per l’intera flotta marittima dell’Alto Adriatico, anche quella della marineria di Trieste si è praticamente dimezzata dal 2000 ad oggi. Nell’anno 2013, si rilevavano solo 53 imbarcazioni che, se confrontate con le 98 presenti nel 2000,  evidenziano un calo della flotta pari al 46,9%. C’è da dire però, invece, che nell’ultimo anno la stessa flotta triestina è cresciuta di una unità, con un relativo aumento dell’1,9%, che si auspica possa essere un punto di partenza per la ripresa della consistenza della stessa.

Il grafico qui a lato mostra la curva della stazza complessiva della flotta marittima triestina, definita in GT (Gross Tonnage) e la stessa evidenzia inevitabilmente lo stesso andamento di quello della consistenza. Dal confronto col picco avutosi nel 2001 (439 GT) con le attuali 259 GT, a questo ultimo dato si associa una perdita nel periodo analizzato del 34,3%. Tale andamento coincide con i voleri della politica comunitaria, che ha puntato ad una riduzione dello sforzo pesca.

Altro parametro importante della flotta triestina è la Potenza Motore delle barche, espressa in kW. Di pari passo con le curve della consistenza e della stazza viste sopra, anche quella inerente la Potenza Motore presenta un trend in continuo calo nel periodo considerato. Nel 2000 si partiva da 5.074 kW, per arrivare alle attuali 3.353 kW con relativo calo del 33,9%.

Dopo la ripartizione della flotta marittima in base all’attrezzo di pesca preminente utilizzato,

risultano essere i palangari fissi a presentare il maggior numero di unità nautiche (22). La lunghezza complessiva della flotta è pari a 469 metri, con un lieve rialzo annuo dell’1,3% di tale parametro. Le barche mediamente più lunghe sono quelle impegnate nella pesca con reti a strascico (13,5 m). Quasi simile la GT totale dei natanti che utilizzano le reti a strascico e di quelli a circuizione, anche se mediamente le prime presentano una stazza maggiore (14 GT). Stessa situazione vista per la stazza la si ritrova anche per la Potenza Motore. Risulta più che evidente la vetustà delle barche triestine, con un’età media generale ben sopra i 36 anni.

Nell’area triestina nell’ultimo anno sono state registrate globalmente 110 autorizzazioni alla pesca marittima, con una netta prevalenza di quelle che permettono la pesca con attrezzi da posta (51). Buona la presenza anche per gli utilizzatori di palangari (28) e di quelli che pescano abitualmente con le reti da circuizione.

Dall’analisi di tutte le imprese coinvolte nella filiera ittica triestina, queste risultano essere 113 unità in totale e questo dato evidenzia un calo annuo del 5,8%, perdita che sale al 10,3% se confrontato con il 2010, anno in cui le imprese avevano raggiunto un picco di 126 unità. Gli ambiti lavorativi dove sono più numerose le imprese della filiera ittica sono quelli della pesca e dell’acquacoltura, entrambi in calo rispettivamente del 19,7% e 18,8%, mentre quelle del commercio al dettaglio di pesce fresco aumentano del 2,5% se confrontate coi dati del 2010.

Se delle 113 imprese della filiera ittica triestina si considera la forma giuridica, si rileva che il 69% circa di esse è rappresentato dalle imprese individuali. Le società di capitali e le imprese individuali risultano invariate nel numero dal confronto con i dati del 2010, mentre le società di persone e le altre forme giuridiche perdono rispettivamente il 21,4% e il 34,5%.

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